Nel seminario è emerso come l’investimento per la formazione dei dirigenti in tema di sostenibilità incida sulla crescita della produttività aziendale e come lo sviluppo delle competenze manageriali green sostengano la resilienza e la competitività delle imprese.
Fondirigenti ha presentato il 25 settembre al Festival dell’Economia i risultati di uno studio, realizzato in collaborazione con la Facoltà di Economia dell’Università di Trento, sulle performance delle imprese aderenti nel quale si rileva il legame significativo tra investimenti in formazione manageriale e crescita della produttività aziendale. L’analisi è stata compiuta incrociando dati reali appartenenti alle imprese e contenuti nel data base di Fondirigenti. I risultati della ricerca – spiega Fondirigenti in una nota – mostrano un effetto positivo della formazione sulla produttività. L’impatto della formazione può essere quantificato in media come segue: il raddoppio della spesa in formazione provoca un aumento del 12% circa di produttività. Per giunta l’effetto che ne deriva è lineare, permettendo alle imprese di “scalare posizioni” nella graduatoria della produttività, sfatando il cliché che la formazione sottrae tempo al lavoro.
Al webinar, con la moderazione del giornalista de La Repubblica Eugenio Occorsio, hanno partecipato il professore di Economia Applicata del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento, Roberto Gabriele; il direttore Green Traditional Refining&Marketing di Eni, Giuseppe Ricci e il presidente di Fondirigenti G.Taliercio, Carlo Poledrini.
Fondirigenti, espressione di Confindustria e Federmanager, associa 14 mila imprese e 80 mila dirigenti ed è il più grande Fondo italiano per la formazione del management. “Solo nell’ultimo biennio – ha precisato il presidente Carlo Poledrini– abbiamo investito oltre 30 milioni di euro sulle competenze manageriali per l’innovazione e la sostenibilità, finanziando piani formativi e iniziative di ricerca, analisi e promozione della cultura manageriale che oggi più che mai è cultura della sostenibilità”. “Le traiettorie del Festival dell’Economia e di Fondirigenti – sottolinea Poledrini – si sono incontrate in questa quindicesima edizione grazie anche alla disponibilità dei soci e dei nostri vertici. Il tema affrontato è per noi di grande interesse: siamo convinti che limitarsi a finanziare la formazione dei manager non esaurisca i nostri compiti. Ecco perché abbiamo promosso uno studio per la misurazione dei risultati e la valutazione degli impatti dei nostri investimenti sulla competitività delle imprese aderenti”.
Misurare i risultati e valutare gli impatti degli investimenti sulla formazione è dunque un must per Fondirigenti. Come già pubblicato dalla Fondazione nel suo Bilancio Sociale d’Impatto, si verifica l’effetto moltiplicatore degli investimenti in risposta alla domanda di qualificazione espressa dalle imprese: 1 euro investito dal Fondo genera 9 euro di investimenti aziendali. Per valorizzare ulteriormente la misurazione dei risultati e nella convinzione che la spinta verso una formazione manageriale competitiva produca impatti positivi sull’efficienza del sistema produttivo, Fondirigenti ha promosso la ricerca presentata nel seminario, ”L’effetto della formazione dei dirigenti sulla produttività”, in collaborazione con il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento.
“Abbiamo seguito la vita delle aziende aderenti a Fondirigenti dal 2006 al 2018 – ha spiegato Roberto Gabriele, direttore della ricerca – si voleva capire se la spesa in formazione manageriale producesse effetti misurabili sulla produttività e quindi sulla competitività delle imprese oggetto dello studio. Conducendo l’analisi, abbiamo riscontrato una grossa eterogeneità della produttività tra imprese residenti in diverse regioni e una differenza nell’utilizzo dell’investimento in formazione tra le imprese del nord del Paese rispetto a quelle del sud dove pare bloccarsi l’effetto positivo del training, per colpa, ad esempio, di problemi legati a carenze infrastrutturali”. “Il risultato finale che abbiamo osservato è che c’è senz’altro una relazione tra produttività e formazione. Immaginando una funzione lineare, alla crescita degli investimenti corrisponde un impatto positivo sui fattori di produzione: se vogliamo rendere più chiaro il legame tra le due variabili possiamo affermare il raddoppio della spesa in formazione provoca un aumento del 12% circa di produttività. Questo implica riuscire a scalare la graduatoria della produttività delle imprese”.
La crescita della produttività è anche conseguenza della formazione dei dirigenti e incide sulle pratiche manageriali. E’ interessante notare cosa succede alle stesse pratiche in presenza della circular economy: risulta necessario un cambio radicale di alcune di queste, soprattutto in tema di sostenibilità, dalla conoscenza delle nuove tecnologie, a nuovi business model, fino alla gestione delle risorse umane e alle relazioni tra imprese. I dirigenti alla fine sono coloro che implementano le strategie del top management con un conseguente effetto positivo sulla produttività dell’impresa.
“Dobbiamo spingere le imprese ad investire sulle competenze manageriali – ha insistito dal canto suo il presidente di Fondirigenti, Carlo Poledrini – esse sono indispensabili per gestire i processi di trasformazione dei modelli di business richiesti e imposti dai cambiamenti in atto, tra cui spicca senza dubbio la sostenibilità. Una leva d’azione, oltre agli Avvisi e al Conto Formazione, è rappresentata dai progetti strategici che promuoviamo nei territori in collaborazione con le Associazioni di Confindustria e Federmanager. Vorrei qui ricordarne due di grande attualità, avviati nel 2020 su cui abbiamo investito complessivamente 350 mila euro: il primo è sulla filiera della plastica sostenibile. Affrontiamo la problematica della plastic tax con l’aiuto dei manager e delle imprese dell’Emilia-Romagna per identificare i profili di competenza dei manager nella gestione della circolarità, che coinvolge l’insieme degli attori della filiera, fino ai comportamenti dei singoli consumatori. L’obiettivo è di contribuire a delineare la possibile evoluzione di futuri green jobs che permetteranno di ridurre l’impatto ambientale delle produzioni industriali. Il secondo progetto, di rilievo nazionale, si propone di analizzare i fabbisogni e realizzare modelli di formazione manageriale sul tema della sostenibilità per colmare i gap esistenti”.
“Come settore energetico – ha sottolineato Giuseppe Ricci di Eni –stiamo vivendo un momento unico, un cambiamento complesso e di grande interesse, un percorso di transizione dal modello energetico tradizionale a quello che sarà un modello decarbonizzato: il passaggio richiede uno sforzo straordinario da parte di tutti gli operatori. Si tratta di mettere in discussione il modello economico imprenditoriale e tecnologico con cui ci siamo confrontati in oltre un secolo di storia. In questo senso occorre cambiare completamente il modello culturale del manager chiamato a presidiare la transizione e la formazione diventa fondamentale. Non più skills soltanto tecniche ma una formazione che cambi il modello culturale del dirigente, lo indirizzi verso una valutazione di sostenibilità, prima ancora del risultato economico. Fondirigenti a cui il Gruppo Eni aderisce fin dai primi anni duemila è un supporto importante per l’integrazione delle necessità di shareholder e stakeholder. Fin dal 2014 Eni ha iniziato una transizione dall’olio al gas, puntando anche sui biocarburanti e le rinnovabili tradizionali.
Abbiamo deciso di affrontare la difficile congiuntura economica del 2008 sostenendo l’occupazione e trasformando la raffineria tradizionale in bioraffineria, quella di Venezia è stato il primo esempio al mondo di sostenibilità integrata e nel 2019 è partita anche quella di Gela. Questo percorso ci ha insegnato un approccio nuovo al mondo dell’impresa, i nostri manager devono crescere con questa nuova cultura della sostenibilità che deve essere una sostenibilità integrata mantenendo un confronto con i territori e puntando su una decarbonizzazione non solo ecologica ma strutturale. Tra qualche decennio, immaginiamo entro il 2050, al posto della tradizionale pompa di benzina troveremo stazioni in grado di offrire servizi più generali per la mobilità, punti dove saranno disponibili carburanti alternativi a quelli tradizionali, in particolare idrogeno e biometano”.
“Il legame tra produttività e trasformazione delle competenze per la sostenibilità – ha osservato ancora l’ingegner Ricci – è evidente e i manager sembrano entusiasti soprattutto nel momento in cui ne percepiscono in maniera tangibile l’utilità. Per implementare la sostenibilità bisogna cambiare in gran parte l’utilizzo delle risorse e la cosa più importante è la formazione dei dirigenti a cui devono essere fornite competenze non solo a livello tecnologico ma anche a livello di human resources e di network con altre aziende. Nell’ecologia dell’impresa la formazione deve mettere insieme tecnologia, business model e dialogo con i territori. Gli investimenti nella sostenibilità molto spesso aumentano la relazione con le altre imprese e incentivano la riutilizzazione e il riciclo dei prodotti. Quello che mi aspetto in futuro anche in ottica di circular economy è un guadagno di produttività sempre più immediato e tangibile”.
“La sostenibilità è oggi un tema centrale – ha concluso il presidente Poledrini – non solo perché è maturata la consapevolezza della sua necessità per il futuro del pianeta e per le prossime generazioni, ma anche perché è diffusa – aggiungerei per fortuna – una fortissima attenzione ai settori green come grande opportunità di investimento, crescita a occupazione per l’intero sistema produttivo”. “Come Fondazione noi siamo nati per intercettare al meglio la domanda di formazione qualificata per accrescere le competenze manageriali e, nonostante i recenti tentativi di limitare le risorse a noi destinate, continuiamo a supportare le imprese in un mercato globale in continua evoluzione”.
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