CONSIDERAZIONI SULLA MOBILITA’:
La sostenibilità concretamente e gradualmente attuabile (oltre il business e la semplificazione comunicativa)
articolo di Massimo Kolletzek, Consigliere e membro della Commissione S.I.A.T.E. di Federmanager Bologna – Ferrara – Ravenna
Il 22 ottobre scorso si è svolto on line il Convegno “Mobilità elettrica, stato dell’arte e sviluppo praticabile”, organizzato dalla Commissione Sostenibilità e Infrastrutture per Ambiente, Territorio ed Energia di Federmanager Bologna – Ferrara – Ravenna e dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Bologna. Al Convegno, seguito da oltre 300 partecipanti, hanno partecipato tra i relatori: Mauro Tedeschini, giornalista, collaboratore di VAI ELETTRICO; Massimo Kolletzek, ex Direttore operativo dell’Aeroporto di Bologna, attualmente Consigliere di Federmanager Bologna – Ferrara – Ravenna ed esperto di sistemi di trasporto e mobilità; Massimo Gamba, Consulente e Formatore specializzato in impianti fotovoltaici e infrastrutture di ricarica di veicoli elettrici; Alessandro Meggiato, Direttore del servizio Trasporto pubblico e mobilità sostenibile Regione Emilia Romagna e Responsabile progetto “Mi muovo elettrico”; Fabio Teti, Direttore Finanza, Controllo e Sviluppo Commerciale TPER, Responsabile Progetto car sharing “Corrente”. Pubblichiamo a seguire la sintesi dell’intervento dell’Ing. Massimo Kolletzek.
Nella comunicazione contemporanea si tende a banalizzare ogni complessità e a proporre verità assolute a fronte di problematiche complesse che presentano molte variabili e margini di sviluppo molto ampi.
Ciò vale anche per il tema della mobilità elettrica, proposta come soluzione ottimale delle criticità derivanti dall’uso delle fonti fossili, ma che, allo stato dell’arte, presenta ancora ampi margini di evoluzione e, soprattutto, se da un lato abbatte le emissioni allo scarico dei mezzi, dall’altro le trasferisce alle centrali di produzione dell’energia elettrica.
La transizione sempre più accelerata verso la trazione elettrica ha due ordini di motivazioni: una propriamente etica, volta alla riduzione delle emissioni in città, alla decarbonizzazione e lotta ai cambiamenti climatici, alla tutela della salute; una di carattere prettamente economico, spinta dal mercato dell’energia, dalla competizione globale nell’automotive e dalla legittima ricerca di ritorno dei rilevanti investimenti messi in campo dall’industria per la realizzazione di nuove piattaforme dedicate e di accumulatori sempre più performanti. Tutto ciò indotto anche da un quadro normativo fortemente orientato, specie in Europa, al settore trasportistico. Si ricordano, a titolo esemplificativo, le Norme europee RDE-Real Driving Emission, e il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) del Dicembre 2019 che rivede al rialzo le stime sui veicoli elettrici e ibridi, fino a “raggiungere l’obiettivo cumulato di circa 4 milioni di auto elettriche pure al 2030, che se sommate alle auto ibride plug-in, consentirebbero di arrivare a un valore complessivo di circa 6 milioni di auto elettrificate al 2030”.
Premesso che le fonti più accreditate e affidabili, quali ARPA, Agenzia Europea per l’Ambiente, I.E.A. (International Energy Agency), ISPRA, attribuiscono al settore trasporti circa il 25% delle emissioni (si veda figura a fianco) e che la CO2 emessa nell’intera Eurozona costituisce in media l’8% delle emissioni antropiche globali, può essere legittimo chiedersi se non sia opportuna una transizione più graduale e sostenibile verso la mobilità elettrica, al passo con l’evoluzione tecnologica delle batterie, e soprattutto con la quota di energia elettrica da fonte rinnovabile che può essere utilizzata per la ricarica degli accumulatori dei veicoli.
Va sottolineato che tali considerazioni, come quelle che seguono, non vanno intese come posizione avversa all’elettrificazione della mobilità, che deve restare un obiettivo prioritario di sostenibilità del settore. Si intende piuttosto porre in evidenza criticità e aspetti spesso volutamente ignorati che, se opportunamente considerati, indicano come allo stato dell’arte l’auto elettrica non possa ancora essere considerata “ad emissioni zero” e per la reale sostenibilità sarebbe opportuna una più attenta valutazione dei tempi di transizione.
Le alternative ai carburanti fossili
Prima di entrare nel dettaglio degli sviluppi tecnologici più promettenti che porteranno nel corso del decennio alla reale sostenibilità della mobilità elettrica appare utile un cenno alle principali alternative ai combustibili fossili, sia pure molto sommario e senza specifici approfondimenti.
I Biocarburanti, come noto, derivano da prodotti di origine vegetale facilmente coltivabili, scarti e rifiuti agricoli, urbani e dell’industria alimentare, alghe e altre biomasse. Risultano per questo vantaggiosi rispetto ai combustibili fossili in termini di bilancio delle emissioni di CO2, in parte (fino al 65%) riassorbita dalla produzione vegetale da cui si ottengono, oltre ad essere compatibili con i motori termici “tradizionali”. Oggi sono già in parte presenti nei carburanti in commercio.
Presentano tuttavia elementi di criticità, quali l’elevato consumo di suolo agricolo, sottratto alle coltivazioni alimentari (salvo le quote derivanti da rifiuti e scarti di produzione). Inoltre l’uso dei biocarburanti non elimina le emissioni locali di inquinanti quali il biossido di carbonio e gli ossidi di azoto.
Idrogeno (H2) a combustione diretta o a fuel-cell. In entrambi i casi la principale criticità, allo stato attuale, deriva dai metodi di produzione:
- estrazione da combustibili fossili, quali metano e altri idrocarburi o da gasificazione del carbone le cui frazioni di carbonio vengono convertite in CO2;
- elettrolisi, che richiede grandi quantità di energia elettrica, ancora in buona parte generata da fonti fossili, con relative emissioni;
- processi, di termolisi, con uso di grandi quantità di energia e produzione di inquinanti.
Va tuttavia sottolineato che è in corso di sviluppo la produzione di Idrogeno da Fotovoltaico, che potrebbe costituire una soluzione molto promettente per il futuro.
Un esempio è il progetto Myrte, installato ad Ajaccio (Corsica), che rappresenta ad oggi il più grande dimostratore di sfruttamento del fotovoltaico per la generazione di idrogeno. L’impianto, della potenza di 560kWp e dal costo di 21 milioni di euro, è stato installato da Areva, gruppo francese specializzato nel settore.
Da non sottovalutare infine il rischio di esplosione e incendio insito nello stoccaggio e distribuzione dell’idrogeno.
La mobilità elettrica oggi e domani
La scelta ottimale e sulla quale si concentrano investimenti e prodotti è dunque quella dei veicoli elettrici, puri o ibridi.
Per un approccio informato è tuttavia importante svolgere una serie di considerazioni sulla reale sostenibilità delle attuali (ripeto attuali) tecnologie degli accumulatori, e sul mix di fonti da cui oggi preleviamo l’energia per la ricarica. Va considerata altresì l’evoluzione tecnologica che, nell’arco del prossimo decennio, potrà soddisfare realmente gli obiettivi di sviluppo sostenibile declinati anche dall’ “Agenda 2030” dell’ONU.
Le batterie: gli attuali accumulatori agli ioni di litio sono in rapida evoluzione e consentono prestazioni crescenti in termini di densità di energia (capacità), autonomia, peso e durata del ciclo di vita utile, grazie anche allo sviluppo della tecnologia a stato solido, che si ritiene possa assicurare un incremento prestazionale fino ad oltre 5 volte rispetto alle batterie odierne. Nel giro di pochi anni si è potuto passare ad esempio da autonomia dell’ordine dei 200 Km agli odierni oltre 400 Km e si stima che nei prossimi 4-5 anni si raggiungeranno, grazie allo stato solido, autonomie di oltre 700 Km (si veda Fig. a fianco)
Va poi aggiunto il non trascurabile aspetto etico: i principali componenti delle attuali batterie (Li, Co, ecc.) sono relativamente rari e quindi la domanda crescente porta ad un rapido esaurimento delle scorte minerarie, di cui oggi fanno incetta pochissimi paesi, Cina in testa. Inoltre è noto che la loro estrazione avviene con uno sfruttamento del lavoro, spesso minorile, a livello pressoché schiavistico, con sottrazione di acqua alle popolazioni. Tutti aspetti superabili con l’introduzione delle batterie di nuova generazione, a flusso o al grafene.
Il futuro infatti, nel medio termine, ci riserva evoluzioni ben più attraenti e sostenibili: parliamo delle batterie a nanonoparticelle o a flusso che potranno essere ricaricate semplicemente sostituendo il liquido dell’elettrolita in pochi minuti (come il rifornimento odierno) e non presentano i rischi ad esempio di incendio e folgorazione delle attuali, elevata densità di energia, bassa tossicità, vita tecnica estesa e utilizzabili anche nella propulsione aeronautica (si veda Fig. 3).
Altra tecnologia promettente è quella degli accumulatori al grafene o supercondensatori, ancora più sostenibili e basati su una tecnologia sviluppata anche in Italia presso l’IIT di Genova, tramite processo di esfoliazione partendo dalla grafite. Non vengono impiegati materiali rari, così come produzione e smaltimento si basano su processi ad elevata sostenibilità. I costi sono in questa fase elevati ma si ritiene che potranno ridursi con la diffusione del sistema.
La produzione elettrica per la ricarica
Il fabbisogno complessivo di energia elettrica non è un problema, in quanto nei paesi sviluppati la potenza installata è largamente superiore alla potenziale domanda; la vera criticità ad oggi sono le fonti che devono essere rinnovabili, altrimenti sarà tutto inutile! Come sostenuto recentemente anche da Responsabile e-mobility del Grp VW.
A titolo di esempio, se in Italia il parco mezzi elettrici coprisse il 5 o il 10% dei veicoli in circolazione (2,5 o 5 milioni di automezzi), la potenza aggiuntiva richiesta, prevalentemente in fascia notturna, sarebbe rispettivamente di circa 7,5 o 15 GigaWatt (ricordiamo che 1GW = 1mln di kW).
Considerato che per il nostro paese le emissioni specifiche dichiarate da ENEL per il 2019 sono dell’ordine dei 400 grammi CO2/kWh eq le centrali immetterebbero in atmosfera da 1,16 milioni a 2,30 milioni di TON/anno di CO2 aggiuntive.
Quindi le emissioni si spostano dalle strade alle centrali e, diversamente da quanto si tende a far credere, attualmente l’auto elettrica non è a zero emissioni.
Questi i valori riferiti all’Italia, che si colloca tra i paesi tendenzialmente virtuosi, con una quota di produzione elettrica da fonti rinnovabili del 35-39%, di cui circa la metà di origine idroelettrica e geotermica (fonte dati GSE e IEA).
Per altri paesi la situazione è, ovviamente, variabile in relazione alle rispettive quote di rinnovabili e/o nucleare, alcuni esempi:
- la Germania ad oggi utilizza ancora una rilevante produzione elettrica derivata dal carbone (oltre il 40%), tuttavia la somma della produzione ad emissioni virtualmente nulle risulta superiore grazie alla quota di nucleare, secondo i dati IEA 2018 infatti il 31% della produzione elettrica proviene da rinnovabili e il 13% da nucleare, per un totale del 44% a zero emissioni. Ciononostante la Germania risulta essere il solo paese dell’eurozona incluso, al sesto posto, tra i dieci maggiori emettitori mondiali di CO2, da fonte IEA.
- Altri stati come la Polonia hanno tuttora un utilizzo intensivo del carbone e quindi per questi paesi le emissioni sono decisamente superiori.
- La Francia è, come noto, il paese che ancora utilizza in prevalenza il nucleare come fonte di produzione energetica, con una quota del 73% (da report IEA 2018), che sommato al 18% medio da rinnovabili vanta oltre il 90% della generazione elettrica ad emissioni nulle. Per la Francia, dunque, un forte incremento della mobilità elettrica rende l’opzione molto più sostenibile rispetto alla maggior parte degli altri paesi europei.
A questo punto appare utile analizzare anche le ricadute per l’utente del mezzo elettrico. Considerato che la ricarica da una normale presa di rete domestica assorbe in media 2,3-2,7 kW (da wall box oltre 3 kW) sarebbe consigliabile incrementare la potenza nominale dell’impianto dai 3 kW ad almeno 4,5 kW.
Dal punto di vista dei costi di esercizio, a fronte di un ancora troppo elevato costo di acquisto del veicolo, si evidenziano effettivi vantaggi.
Infatti il calcolo dei costi kilometrici in soli termini energetici (depurati cioè di componenti quali ammortamento del veicolo, manutenzione ordinaria e straordinaria, ecc.) mostra come a fronte di un costo medio pari a 0,20 €/km per il motore a benzina e 0,15 €/km per il diesel, i costi di ricarica per una vettura elettrica odierna siano compresi tra 0,06 €/km nel caso di ricarica domestica e 0,10 €/km per ricarica da colonnina.
Conclusioni
Per assicurare una transizione sostenibile verso la mobilità elettrica si rende necessario progettare un sistema efficiente, integrato e progressivo, secondo il principio dell’approccio bilanciato, basato su una pluralità di strategie e interventi che singolarmente non possono risolvere le criticità nel breve termine, ma la cui combinazione consente di ottimizzare gli obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica per raggiungere il risultato nel medio periodo, in accordo con l’evoluzione tecnologica degli accumulatori e il progressivo incremento delle fonti rinnovabili di ricarica.
Per favorire tale percorso si è anche avanzata l’ipotesi di regolamentare la diffusione dell’auto elettrica vincolandone l’acquisto, o la disponibilità in altra forma, alla presenza o all’installazione di un impianto fotovoltaico, con accumulo, di almeno 3kWp di potenza per ogni nuova vettura, col sostegno di un’adeguata incentivazione economica da parte dei governi. Non sfugge ovviamente la complessità di una tale iniziativa che troverebbe inevitabili ostacoli sia di tipo normativo e finanziario, sia da parte dei portatori del pur legittimo interesse ad un rapido rientro degli ingenti investimenti impegnati.