Occorre rafforzare la connessione tra politiche attive, formazione e politiche industriali. I primi due asset devono essere ripensati in modo da poter intervenire lungo l’intero corso della carriera professionale in una prospettiva consonante con le evoluzioni dei modelli produttivi, direttamente interessati dall’impatto delle nuove tecnologie.
È rivelatore il dato sulle competenze qualificate in ambito digitale presenti nel nostro Paese: rispetto alla media Ue (37%), trainata verso l’alto dalla Gran Bretagna (50%) e dalla Germania (39%), l’Italia può vantare solo un 29% di competenze digitali elevate diffuse tra i soggetti in età lavorativa. Il resto della nostra forza lavoro possiede competenze digitali definite medie (nel 36% dei casi) o basse (35%).
Non è positivo nemmeno il quadro degli investimenti in formazione. La partecipazione di lavoratori tra 24-65 anni a corsi formativi si ferma a ben 2,5 punti percentuali sotto la media europea.
Questa situazione è stata presentata a Montecitorio lo scorso 19 settembre in un incontro ristretto a cui ho partecipato insieme a una delegazione Federmanager. Il focus riguardava l’attuazione del Piano Industria 4.0, ora rinominato “Impresa 4.0”. Rispetto agli effetti positivi che le misure di agevolazione fiscale hanno prodotto su molte imprese, che hanno investito in infrastrutture abilitanti e nuove tecnologie, considero ancora lontano l’obiettivo di sviluppo che dobbiamo perseguire.
L’impressione è che, nonostante tutti noi vogliamo riconoscere l’impegno di un governo che è tornato a occuparsi di politiche industriali, il gap in competenze di alto livello sia un tema su cui l’Italia latita da troppo tempo.
Come Federmanager abbiamo detto e continuiamo a ripetere che le competenze manageriali sono linfa vitale per alimentare un circuito virtuoso che consenta di traghettarci con successo nella dimensione 4.0. Ripetiamo che senza managerialità e ricerca l’innovazione non si realizza nei fatti. Che se non ci preoccupiamo di favorire l’inserimento di manager nella Pmi, queste resteranno fuori dai processi di trasformazione produttiva che sono già una realtà e, quindi, presto escluse dalla competizione globale.
Pertanto, a partire dalla promozione della figura dell’innovation manager e di altre forme di management ad alta specializzazione, noi stiamo facendo la nostra parte. Il progetto di certificazione delle competenze manageriali che stiamo finanziando direttamente è una testimonianza di questo nostro impegno, economico e di principio. Stiamo portando sui territori uno short master dedicato al tema 4.0 promosso da Federmanager Academy, la nostra management school.
Allo stesso tempo, stiamo lavorando per definire la creazione di un nuovo ente di welfare che sia in grado di intervenire con progettualità e concretezza anche in favore dei colleghi che si trovano ad affrontare un periodo di stop lavorativo. E poiché oggi il lavoro è sempre più discontinuo per tutte le categorie di impiego, non solo per la dirigenza, la mancanza di strumenti adeguati per l’aggiornamento professionale e formativo rischia di rivelarsi altamente penalizzante.
Molte misure le stiamo perfezionando in casa, all’interno della nostra Organizzazione o nell’ambito dei rapporti con le Parti sociali, ma certo ci piacerebbe accogliere una spinta più forte da parte del decisore pubblico. Sul Piano “Lavoro 4.0” noi siamo pronti a collaborare e ne sollecitiamo la nascita, perché a dire il vero questo Piano finora è stato solo annunciato. Ed è indispensabile che esso si muova su una direttrice di investimento pubblico che guardi insieme la formazione continua e le politiche attive del lavoro.
Ne ho condiviso l’urgenza in un recente dibattito con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, al quale ho espresso il dovuto apprezzamento per aver ritagliato alle politiche attive uno spazio all’interno del meeting ministeriale del G7 che si è svolto a Torino a fine settembre, nel tentativo di nobilitare questo tema a livello multilaterale.
Quando parliamo di politiche attive del lavoro dobbiamo infatti pensare a misure che superano l’idea del sostegno al reddito di stampo assistenziale e che, piuttosto, legittimano il diritto di ciascun professionista di avere accesso a strumenti utili a intercettare l’attuale domanda espressa dal mondo del lavoro.
Nei passaggi parlamentari della prossima Legge di Bilancio ci aspettiamo che sia confermato il credito di imposta per la formazione 4.0 che, chiaramente, è una buona misura per le risorse già presenti in azienda. Per tutti gli altri però, compresi coloro che sono momentaneamente fuori dal mercato del lavoro, bisogna liberare una qualche forma di investimento pubblico. Vigileremo pertanto sull’iter della manovra e in attesa di più robusti interventi continueremo, per nostra parte, a far leva sulla bilateralità per consolidare la dotazione di competenze manageriali necessaria al rilancio delle nostre imprese.
Fonte: Progetto Manager Settembre 2017