A coronamento della collaborazione avviata da Federmanager Bologna – Ferrara – Ravenna, Fondazione ANT e la piattaforma open source Knime, si è svolto a Bologna l’8 febbraio il convegno scientifico “Dall’analisi dei dati alla cura personalizzata”.
Obiettivo, dimostrare come l’analisi dei dati sia alla portata di un vasto pubblico di utilizzatori, tanto da poter essere impiegata in qualsiasi settore, ad esempio, come nel caso specifico, per contribuire a migliorare la qualità delle cure somministrate ai pazienti oncologici.
La sperimentazione si è avvalsa di un software innovativo low code per verificarne facilità di utilizzo e flessibilità in ambiti molto diversi da quelli industriali.
Dopo i saluti di Raffaella Pannuti, presidente Fondazione ANT e Andrea Molza, presidente Federmanager Bologna – Ferrara – Ravenna, sono intervenuti Rosaria Silipo di Knime, per spiegare le potenzialità del software e Andrea De Mauro, esperto Data Analytics, con l’intervento “Perché la Data Analytics è per tutti”.
Hanno presentato i “Modelli previsionali per l’assistenza domiciliare in cure palliative” Rita Ostan di Fondazione ANT, Guido Biasco, oncologo e Alberto Montanari di Federmanager.
Il caso ANT
Il progetto pilota illustrato durante il convegno, volto a verificare le potenzialità della data analytics nella prevenzione oncologica e nell’assistenza ai malati, anche domiciliare, è stato realizzato con il coinvolgimento di ANT, organizzazione basata a Bologna, ma presente in tutta Italia: da database complessi si è andati a sviluppare una previsione della durata dell’assistenza, del numero di visite dei medici e dei farmaci prescritti per la terapia.
Molto incoraggianti i risultati che si stanno ottenendo, soprattutto per permettere una più efficiente programmazione a medio termine delle attività.
“L’approccio statistico alla gestione dell’enorme mole di dati clinici e serie storiche in nostro possesso ha un’importanza doppia – ha dichiarato la presidente di Fondazione ANT Italia Onlus, Raffaella Pannuti – in quanto da una parte valorizza il nostro database di rilevazioni quotidiane riferito a oltre 7mila pazienti e, dall’altra, ci consente di programmare con efficacia i bisogni futuri di assistiti e operatori sanitari. Questo perché sugli algoritmi generati attraverso la messa a sistema dei dati si basano le nostre azioni di medicina predittiva e le nostre previsioni di costo. Utili sia per procedere clinicamente nella migliore maniera possibile sia per migliorare la qualità dell’assistenza, oltre che per orientare efficacemente le priorità di ricerca e per stilare piani d’azione sostenibili da parte nostra e dello Stato. Senza dimenticare che sono proprio le realtà della dimensione raggiunta in 45 anni da ANT le sole a disporre di basi di dati che costituiscano un riferimento abbastanza ampio, e quindi valido, per il Sistema Sanitario Nazionale”.
“Si auspica con questo caso di studio, che mette in luce le potenzialità delle sinergie con il territorio e volutamente al di fuori dei canoni classici – ha sottolineato Andrea Molza, presidente di Federmanager Bologna – Ferrara – Ravenna – di catalizzare l’interesse verso queste soluzioni e di estenderne l’applicazione, a beneficio delle aziende, dei manager e della collettività.”
Le cure palliative
La valenza etica del percorso è significativa, in quanto parliamo di analisi dei dati in un contesto caratterizzato dalla presenza di una patologia importante. Guido Biasco, oncologo e professore Alma Mater, Università di Bologna nonchè collaboratore della Fondazione, nel corso del suo intervento, anche a nome di Silvia Varani, responsabile dipartimento formazione e ricerca in ANT, ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa, in quanto vede insieme i soggetti che possono far sì che l’analisi dei dati – e ANT ne è una formidabile cassaforte – permetta di mettere in campo risultati, procedure e metodologie utili ad essere trasferiti nella pratica clinica.
“Le cure palliative – ha spiegato – sono le cure olistiche attive di individui di tutte le età con gravi sofferenze legate alla salute a causa di malattie gravi e soprattutto, ma non esclusivamente, di coloro che si avvicinano alla fine della vita. Esse mirano a migliorare la qualità della vita dei pazienti, delle loro famiglie e dei loro caregiver.” Si prestano quindi quando i bisogni sono molto forti ed è importante stabilire il momento e le modalità più adatti per la loro attivazione.
Le prospettive future
Il lavoro svolto potrà permettere di affinare i modelli previsionali (durata e intensità assistenziale, terapia del dolore) per integrarli nella pratica clinica al fine di migliorare l’organizzazione delle equipe multidisciplinari, facilitare la pianificazione delle cure, ottimizzare l’allocazione delle risorse e massimizzare l’impatto dell’assistenza sui pazienti e le foro famiglie.
Inoltre, approfondire lo studio delle traiettorie di malattia per offrire un’assistenza sempre più appropriata, puntuale e personalizzata in base ai bisogni multidimensionali del paziente durante tutte le fasi di malattia.
La data analytics è per tutti?
Ad avvalorare il concetto che l’analisi dei dati può essere alla portata di un’ampia platea, è intervenuto Andrea De Mauro, esperto Data Analytics. “La sfida della data analytics e dell’intelligenza artificiale – ha esordito De Mauro – è profondamente inclusiva. Coinvolgerà sempre più persone, potrà riguardare tutti, con applicazioni in tutti gli ambiti. Dal marketing alla finanza, dalla produzione alla diagnosi medica.”
In questo scenario, caratterizzato da un trend tecnologico inarrestabile, la programmazione fine a sé stessa diventerà meno importante, per lasciare spazio a complessità umane. Tutto ciò richiederà competenze diffuse. Il consiglio dell’esperto: rimanere curiosi.
ABIGAIL(M) – Acquisire BIGdata e Analytics per l’Innovazione e il Lavoro Manageriale
Il software scelto per l’analisi dei dati è Knime, già utilizzato nel laboratorio Abigail concluso lo scorso autunno, che ha coinvolto 15 manager per la definizione di un modello sulle modalità e le competenze necessarie a gestire i big data a supporto delle decisioni aziendali.
“Il progetto, voluto da Federmanager e finanziato da Fondirigenti in collaborazione con Federmanager Academy e la Fondazione Aldini Valeriani – ha spiegato Alberto Montanari, coordinatore Commissione 4.0 e vice presidente di Federmanager Bologna – Ferrara – Ravenna – ha lo scopo di avvicinare le aziende a un utilizzo più friendly dei big data, enormi volumi di dati diversificati e velocissimi che possono aiutare le aziende nelle loro attività ma ancora visti come alieni dai non addetti ai lavori.”
La rivoluzione digitale ha infatti portato ad un’esplosione della quantità di dati e informazioni disponibili; la capacità di analizzare e correlare queste informazioni sta diventando un elemento basilare della competizione d’impresa e fonte di nuovo valore economico e d’innovazione. L’approccio utilizzato consente a manager e impiegati di diventare degli sviluppatori, creando autonomamente le applicazioni di cui necessitano senza disporre di avanzate conoscenze nei linguaggi di programmazione.
Analisi dei dati e crescita professionale
“Il laboratorio – ha proseguito Montanari – ha inteso dimostrare che con software low code – no code è possibile insegnare l’analisi dei dati a un buon livello. Il metodo è stato quello di usare solo un minimo di teoria supportata con esempi pratici, mirati alla vita lavorativa di tutti i giorni.”
“Una importante ricaduta positiva è la crescita professionale del personale, fattore di soddisfazione e di fidelizzazione. I nuovi lavoratori devono essere in grado di infondere creatività, possedere intelligenza emotiva e non unicamente competenze tecniche per la risoluzione dei problemi. Questi aspetti in futuro saranno i maggiori differenziatori per i talenti nella definizione ampliata di un team tecnologico.”
Al convegno ha portato il suo saluto anche Marco Bodini, presidente Fondirigenti, che ha finanziato il laboratorio: “Fondirigenti, oltre ad operare attraverso dei conti formazione, fa una serie di iniziative strategiche in quanto cerchiamo di capire dai territori dove c’è un gap formativo, è il caso dei big data segnalato dall’Emilia Romagna, con l’ingegner Montanari a fare da motore. Tali iniziative strategiche servono poi per dare una linea ai percorsi formativi.”