Un tema di grande attualità si propone all’attenzione dell’opinione pubblica in questo periodo segnato dall’emergenza Covid-19: come cambierà il modo di viaggiare e di fare le vacanze? Come evolverà il turismo post pandemia e quali sono le opportunità e le sfide che ci proporrà il cambiamento?
Riportiamo a seguire l’articolo del Vicepresidente di Federmanager Bologna – Ferrara – Ravenna con delega per il territorio di Ravenna, l’Ing. Antonio Zangaglia, pubblicato sulla rivista Filo Diretto di Giugno 2020.
In seguito alla crisi che sta interessando tutti i comparti del settore, si sta prospettando una nuova configurazione del mondo turistico: dal modello di “overtourism” che ha caratterizzato l’ultimo decennio, si passerà a una fase di “undertourism“. Si imporranno nuovi criteri di selezione, animati dal desiderio di una vacanza più personale, più profonda, più protetta e più sostenibile.
La crisi ha messo a nudo la fragilità del mondo globalizzato che, forse, proprio perché troppo mobile, e troppo interconnesso, ha favorito la propagazione del virus che lo ha paralizzato. È possibile che inizi un’era di de-globalizzazione turistica, in cui si privilegeranno la riscoperta dei piccoli borghi e delle culture autoctone, si prenderanno in considerazione località a bassa densità turistica che prima erano meno in voga, zone tranquille e immerse nella natura, luoghi poco affollati, spazi aperti, anche se con una minore offerta di servizi.
La pandemia cambierà i costumi sociali, la nostra cultura e la nostra scala dei valori. Il ritmo della nostra vita rallenterà, almeno nella prima fase della ripartenza, e il grande impatto che tutto ciò avrà sul turismo si vedrà nella mutazione di abitudini sociali ritenute da sempre impossibili da sradicare. Gli spostamenti diminuiranno, i viaggi nel proprio paese e in quelli confinanti saranno preferiti alle tratte di lungo raggio. L’industria aerea vivrà una fase acuta di contrazione della domanda, ci saranno meno voli e chi viaggia preferirà farlo in auto, almeno per quest’anno, e probabilmente anche per il prossimo. Slitteranno i periodi di godimento delle vacanze, invece della consueta concentrazione nei mesi di luglio e agosto ci sarà una maggiore distribuzione nell’arco dell’anno.
Prima della pandemia i posti sovraffollati erano sinonimo di divertimento e successo, era scontato che l’attrazione di una destinazione dipendesse solo dalla sua movida.
È questo che cambierà, almeno per un po’.
«Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre,
ma nell’avere nuovi occhi»
diceva Marcel Proust e oggi più che mai questa immagine appare contemporanea, vedere e percepire le cose in modo autentico e istintivo, una vacanza in cui libertà e serenità sono sensazioni da far provare prima di tutto a se stessi.
Il “nuovo turismo” e la crisi generata dalla pandemia avranno conseguenze non solo in ambito sociale, ma anche in ambito economico, e il settore turistico, in grave sofferenza da mesi, subirà un inesorabile logoramento nel lungo termine, con riflessi sull’indotto e su tutto ciò ad esso connesso.
I minori flussi coinvolgeranno l’intero comparto, evidenziando l’insostenibilità del sistema del turismo di massa. Compagnie aeree chiuderanno, molti alberghi non saranno in grado di riaprire e molte altre imprese turistiche soffriranno per anni gli effetti della crisi. È probabile che il turismo low-cost venga colpito maggiormente rispetto al segmento élite, poiché le classi sociali più deboli avranno meno risorse da dedicare allo svago per effetto della crisi economica.
L’Ocse afferma che lo shock della pandemia 2020 potrebbe causare una contrazione del 45-70 % nell’economia turistica internazionale per tutto l’anno in corso.
Più nello specifico, secondo le stime di Assoturismo, il nostro Paese quest’anno perderà circa il 60 % dei turisti, chiudendo il 2020 con circa 172 milioni di presenze, livelli che si registravano a metà degli anni Sessanta, quando la popolazione mondiale era la metà di oggi, il mondo era diviso in blocchi nel mezzo della Guerra fredda e gli spostamenti in aereo erano appannaggio di pochi.
Il turismo è anche uno dei temi centrali nel dibattito della nostra Regione. L’Emilia Romagna non è una delle regioni che potrà ambire al posizionamento di destinazione ideale per la bassa densità turistica, dove trascorrere una vacanza sicura. Al contrario, dovrà prestare maggiore attenzione a tutte le misure necessarie per limitare i rischi specifici legati all’emergenza sanitaria in corso. Occorrerà ripensare il nostro modello di sviluppo turistico con creatività e innovazione, con la consapevolezza della necessità di un turismo più sostenibile e più attento alla natura, alle persone, ai sentimenti, alle paure di questi mesi e all’aspetto psicologico della nuova socialità.
Lo scorso 1° maggio, l’Associazione RavennaFood / CheftoChef-emiliaromagnacuochi, l’Associazione Italiana Architettura del Paesaggio Sezione Triveneto ed Emilia-Romagna e l’Associazione Dis-ORDINE di Ravenna, hanno presentato il manifesto “A RIVEDER LE STELLE – ripensando RAVENNA città sostenibile”. In sostanza, il documento invita le istituzioni, i cittadini, le imprese e le associazioni a ripensare la città, ridisegnando il modo di vivere e muoversi in una nuova dimensione, come molte città del nord Europa stanno facendo da tempo.
Ravenna potrebbe rimodulare la fruibilità del suo territorio per aumentarne la visibilità e l’accoglienza verso i propri abitanti e i turisti che torneranno a fine pandemia, ripercorrendo con occhi diversi i consueti itinerari, per disvelarne le incredibili ricchezze.
Si propone di intervenire ripensando la segnaletica turistica, ri-mappando la rete di piste ciclabili, rivalutando gli spazi verdi delle mura con le loro porte, i giardini e gli orti, individuando percorsi storico-artistici e gastronomici fruibili mediante una mobilità non motorizzata.
Si propone di aumentare gli spazi per i dehors a favore dei servizi di caffetteria e ristorazione.
Gli eventi culturali e di intrattenimento andrebbero diffusi nei mille angoli della città, con una programmazione “in continuum” per i ravennati e per un turismo di qualità.
In sintesi, andrebbe promossa un’alleanza fra paesaggisti, architetti e urbanisti, designers e artisti, cuochi e nutrizionisti, per trasformare un’emergenza contingente in un’opportunità di cambiamento positivo della città.
Non può mancare, infine, un accenno all’importante iniziativa resa pubblica in data 16 settembre 2019, con la firma della lettera d’intenti che rappresenta la prima pietra del progetto “Città Romagna”, finalizzata a valorizzare una visione unitaria dello sviluppo del territorio, che ha le potenzialità – imprenditoriali, sociali e culturali – per competere alla pari con le zone più avanzate d’Europa e del mondo.
Il progetto nasce da una visione e da un lavoro comune di Federalberghi Rimini, Cisl Romagna, Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini, Confcooperative Ravenna e Rimini, Confindustria Forlì-Cesena, Confindustria Romagna e Legacoop Romagna, che rappresentano complessivamente 4.000 aziende e 104 mila lavoratori, per un fatturato di circa 39 miliardi di euro.
La volontà dei sottoscrittori è di dare vita ad un progetto comune, in base al quale la Romagna, con una visione strategica declinata al futuro, dovrà muoversi unitariamente su temi come infrastrutture, lavoro, welfare, ambiente, tecnologia, formazione, sistema educativo, stile di vita, turismo e cultura, ragionando “come se” fosse una città unita, e mettendo così in atto azioni virtuose a beneficio di tutta la comunità.