A dieci anni dall’avvio del progetto, l’Istat presenta l’ottava edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes). Il volume presenta un sistema di indicatori arricchito di anno in anno per seguire le profonde trasformazioni che hanno caratterizzato la società italiana nell’ultimo decennio, incluse quelle più recenti determinate dalla pandemia da Covid-19.
Il Rapporto si è in particolare arricchito di 152 indicatori. L’integrazione dei nuovi indicatori è stata realizzata in coerenza con le linee fondamentali del programma #NextGenerationEU e risponde a esigenze conoscitive specifiche, tra cui l’arricchimento delle informazioni disponibili sugli aspetti sanitari, sulla digitalizzazione, sul capitale umano (sia dal lato della formazione, sia dal lato del lavoro) e sul cambiamento climatico.
L’analisi offre una lettura del benessere nelle sue diverse dimensioni, ponendo particolare attenzione alle differenze territoriali, di genere, età e titolo di studio. Viene anche presentata un’analisi dell’evoluzione degli indicatori negli ultimi dieci anni, trasversale ai vari domini in cui è articolato il benessere.
Segue l’analisi approfondita, incentrata sull’andamento più recente per ciascuno dei 12 domini: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi.
Entriamo nel merito dei vari indicatori, in particolare per quanto riguarda le tematiche relative al mondo dell’impresa e del lavoro, dell’innovazione e della digitalizzazione.
Occupati
Nel secondo trimestre 2020, l’emergenza sanitaria ha comportato in Italia un forte calo del numero di occupati: sono 788mila in meno (tra i 20-64 anni) rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente; il tasso di occupazione (sempre 20-64 anni) scende al 62%, in diminuzione di 2 punti percentuali.
In dieci anni i divari con l’Europa per i tassi di occupazione si sono ulteriormente allargati e sono particolarmente evidenti per le donne. Nel 2010, il tasso di occupazione delle donne di 20-64 anni in Italia era di 11,5 punti più basso rispetto alla media europea, e nel 2020 il distacco arriva a circa 14 punti in meno.
Retribuzioni
In termini di retribuzione, dopo anni di sostanziale stabilità, nel secondo trimestre 2020 sale al 12,1% l’incidenza dei lavoratori dipendenti con bassa paga (retribuzione oraria inferiore a 2/3 di quella mediana) (9,6% nello stesso periodo del 2019). Nel Mezzogiorno la quota è maggiore (16,4%) ma il valore è pressoché stabile se confrontato con il secondo trimestre dell’anno precedente (-0,2 punti); nel Centro è al 13,2% e al Nord al 9,6%, in entrambi i casi in aumento (+4,2 punti e +3,3 punti): si riducono così le distanze territoriali.
Part time e contratti a tempo
Il part time involontario aumenta costantemente fino al 2015, e rimane stabile negli anni successivi (11,7% nel secondo trimestre del 2020).
Dopo sei anni di lento ma continuo calo, torna a crescere la quota di lavoratori che restano per lunghi periodi nello status di occupato a termine attraverso una successione di contratti a tempo determinato. Nel secondo trimestre dello scorso anno, la quota dei lavoratori a termine di lungo periodo passa infatti dal 17,6% al 18,7%.
Smart working
A marzo 2020 l’emergenza sanitaria ha imposto in molti settori il lavoro da casa come strumento indispensabile per proseguire le attività produttive e contenere i rischi per la salute pubblica. Nel secondo trimestre 2020 la quota di occupati che hanno lavorato da casa almeno un giorno a settimana ha superato il 19% (dal 4,6% del secondo trimestre 2019), raggiungendo il 23,6% tra le donne.
Donne e posizioni apicali
Nei consigli di amministrazione delle grandi società quotate in Borsa si rafforza il trend positivo avviato nel 2013-2014 in virtù della legge Golfo-Mosca, che avrebbe esaurito i suoi effetti a breve in virtù di una scadenza fissata a tre mandati consecutivi, ma che è stata “prorogata” a sei mandati consecutivi, con l’aumento della quota di donne da una ogni tre consiglieri a due ogni cinque. Nel 2020, le donne sono il 38,6% dei consiglieri di amministrazione.
Prospettive future
La situazione critica determinata nel Paese dall’epidemia da Covid-19 ha avuto un impatto negativo sulle prospettive future. Dopo anni di aumento, nel 2020 scende al 28,9% la percentuale di persone che prevedono un miglioramento della propria situazione nei prossimi cinque anni (30,1% nel 2019). Contemporaneamente aumenta al Nord e al Centro, dopo anni di riduzione, la quota di quanti ritengono che la propria situazione peggiorerà nei prossimi cinque anni (13,3% al Nord, un punto percentuale in più rispetto al 2019, 14% al Centro, +1,5 punti percentuali).
Vendite on line
Cresce, ma resta limitata, l’applicazione delle tecnologie digitali alle vendite delle imprese e alla gestione dei servizi comunali alle famiglie. Nel 2020 poco più di un’impresa italiana su dieci vende via web a consumatori finali (11,5%). L’Italia resta ancora nelle ultime posizioni della graduatoria europea, nonostante la crescita costante e un gap più che dimezzato dal 2013 (da -5 a -2 punti percentuali). Nel 2018, soltanto un Comune italiano su quattro ha dichiarato di offrire interamente on line almeno un servizio per le famiglie. Il livello è più che raddoppiato rispetto al 2012 (9,9%) ma l’offerta resta tendenzialmente circoscritta a un solo servizio (soltanto il 10% dei Comuni ne offre almeno due; appena il 5% almeno tre). Piccole imprese e piccoli Comuni mostrano 8 maggiori difficoltà nel compiere il salto tecnologico verso la digitalizzazione: la propensione a utilizzare il canale di vendita web è quasi doppia tra le grandi imprese (20,4%) rispetto alle piccole (11,3%) mentre nell’offerta di servizi interamente on line il gap tra i Comuni con almeno 60mila abitanti (77,1%) e quelli fino a 5mila abitanti (16,5%) è di 60 punti percentuali.
Competenze digitali
Nel 2019 poco più della la metà degli occupati di 25-64 anni ha competenze digitali almeno di base (53%), valore ben al di sotto della media europea (68%). Anche riguardo agli occupati in professioni scientifico tecnologiche con formazione universitaria il divario tra l’Italia (17,6%) e la media Ue28 (23,9%) resta ampio anche se il peso di questo segmento dell’occupazione è cresciuto costantemente negli ultimi dieci anni in Italia (13,4% nel 2010). Stabile negli ultimi anni e in linea con la media Ue27 è invece il peso dell’occupazione in settori o professioni culturali e creativi (3,6%). Tutti e tre gli indicatori evidenziano lo svantaggio del Mezzogiorno, lo stesso accade per le migrazioni dei giovani laureati italiani (25-39 anni) che, anche nel 2019, fanno registrare una penalizzazione severa (-33,5 per 1.000) per questa area del Paese.
Innovazione
Segnali positivi per la propensione all’innovazione. Nel triennio 2016-2018 l’indicatore si attesta al 55,7% (+7 punti percentuali rispetto al triennio precedente), con guadagni significativi nel Mezzogiorno (48,1%; +7,9 p.p.) e per l’insieme delle piccole imprese (10-49 addetti) (53,3%; +7,6 p.p.). Resta però debole la crescita degli investimenti in prodotti della proprietà intellettuale e in ricerca e sviluppo (R&S): i primi crescono soltanto dell’1,1% tra il 2018 e il 2019 contro il +13,2% della media europea mentre la spesa per R&S resta sostanzialmente stabile all’1,45% del Pil nel 2019, ben al di sotto della media europea (2,14%) e distante dall’obiettivo dell’1,53% fissato a livello nazionale nell’ambito della strategia “Europa 2020”.
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