Un’indagine condotta da Fondirigenti su un campione di oltre 800 aziende ha consentito di realizzare un’analisi sulle prospettive future dello Smart Working in Italia, modalità lavorativa quanto mai protagonista per fronteggiare l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19.
Le misure di distanziamento sociale sono state fondamentali durante la Fase 1 dell’epidemia e lo Smart Working – o lavoro agile – ha consentito a molti di continuare a svolgere il proprio lavoro in sicurezza, sebbene la sua diffusione prima dell’epidemia fosse piuttosto contenuta.
La survey del fondo interprofessionale per la formazione continua dei dirigenti promosso da Confindustria e Federmanager si concentra su vari aspetti e ha analizzato gli atteggiamenti delle imprese e dei lavoratori nei confronti dello Smart Working in termini di dotazioni, investimenti, competenze e ricorso alla leva formativa. I risultati sono incoraggianti, e si parla di boom.
Il 97% ha attivato lo Smart Working
Prima di tutto, cosa è successo durante la Fase 1? Oltre il 97% dei rispondenti ha deciso di fronteggiare la nuova situazione con l’attivazione dello Smart Working. Tra queste, un 18% afferma di averlo attivato per tutti i lavoratori e un altro 47,9% ha concesso il lavoro agile a buona parte dei dipendenti. Una percentuale consistente (circa il 30,75 %) è riuscita invece a garantire il lavoro da casa solo a una piccola parte del personale, mentre il restante 3% ammette di non aver attivato alcuna misura in questo senso.
Lo Smart Working del futuro
Nonostante l’impegno organizzativo – il 47% dei rispondenti sostiene di aver “rivisto” il proprio modello, ristrutturando le attività sulla base di obiettivi e risultati – e la necessità di mettere a disposizione dei dipendenti adeguate dotazioni tecnologiche, fornite da circa il 77% delle imprese, il giudizio sull’esperienza è positivo: molte imprese sembrano infatti aver riconosciuto svariati vantaggi nell’utilizzo del lavoro agile e circa la metà dei rispondenti si dichiara disponibile ad investimenti per offrire al maggior numero possibile di dipendenti questa possibilità. Molte anche le aziende che si dichiarano disposte a incrementarne l’utilizzo anche in futuro, passando dall’attuale 46% fino al 59% (con un 12% in più).
Il ruolo della formazione
Per pensare al “dopo”, le imprese sembrano consapevoli della necessità di dover superare gli ostacoli esistenti in termini di innovazione e sviluppo tecnologico. La prevalenza delle aziende individua tra i principali ostacoli la difficoltà di gestione del lavoro svolto a distanza dai dipendenti, la scarsa digitalizzazione dei processi azienda, il difficile utilizzo di strumenti e tool informatici, nonché i complessi problemi di sicurezza dovuti alla condivisione di informazioni attraverso l’utilizzo di piattaforme online.
“La rotta da seguire anche per il post-Covid è ben tracciata – afferma Costanza Patti, direttore di Fondirigenti – le competenze manageriali vanno rinnovate, dobbiamo favorire la crescita dei modelli organizzativi, con una forte spinta sulla formazione. La nostra ricerca dimostra l’utilità della formazione sul lavoro agile con particolare interesse verso i temi del management, della gestione delle risorse e della digitalizzazione dei processi aziendali”.
L’indagine di Fondirigenti rivela un’alta domanda di formazione da parte del settore industriale e su una scala da 1 a 5 il livello di utilità della formazione sul lavoro agile dichiarato dai rispondenti è stato in media del 3,6.
La piattaforma online di Fondirigenti
Fondirigenti è intenzionata ad aumentare gli investimenti mirati a progetti per la gestione del lavoro agile e ha già messo a disposizione di chiunque desideri aggiornarsi una piattaforma online per la formazione sull’industria 4.0 con sezioni ad hoc dedicate al tema dello Smart Working all’indirizzo https://ready4.fondirigenti.it/.
Lo Smart Working in Europa
Il lavoro agile è già ampiamente diffuso nel nord Europa, in Paesi quali Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, dove le percentuali si attestano oltre il 30%, o in altri Paesi occidentali, quali Regno Unito, Lussemburgo, Francia, Belgio, Austria, dove supera il 25%; molto meno frequente in Paesi a forte vocazione manifatturiera, come la Germania o appunto l’Italia, dove incide la struttura del tessuto produttivo, costituito per lo più da imprese di minori dimensioni. Secondo le statistiche, il nostro Paese è ancora molto sotto la media europea: stando ai dati Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, nel 2017 nel nostro Paese solo il 7% dei lavoratori aveva accesso allo Smart Working e di questi il 5% è costituito da smart workers occasionali.
SCARICA LA QUICK SURVEY DI FONDIRIGENTI “SMART WORKING – IL BOOM CHE ANNUNCIA IL FUTURO”